Case, immobili e condominio in pillole – la rubrica di Confedilizia su Tempostretto

Contratti per universitari Il d.m. 16.1.’17 specifica – con maggior precisione rispetto ai due precedenti decreti disciplinanti gli accordi per i contratti regolamentati – quali siano gli studenti universitari che possono sottoscrivere i contratti previsti dall’art. 5, commi 2 e 3, della legge 431/’98. Devono essere iscritti a corsi di laurea e di formazione post laurea (quali master, dottorati, specializzazioni o perfezionamenti) presso università o istituti d’istruzione superiore, disciplinati dal r.d. 1592/’33 e dalla legge 508/’99. Quest’ultima legge riguarda le Accademie di belle arti, l’Accademia nazionale di danza, l’Accademia nazionale di arte drammatica, gli Istituti superiori per le industrie artistiche, i Conservatori di musica e gli Istituti musicali pareggiati.
Locazione abitativa a più conduttori: può recedere uno solo? In ipotesi di contratto stipulato tra un locatore e più conduttori, ciascun conduttore può recedere dal contratto, nel rispetto delle norme o delle pattuizioni che regolano il recesso in ambito locatizio, anche senza che gli altri facciano lo stesso. In tale fattispecie il contratto si scioglierà limitatamente al solo inquilino che si è avvalso della facoltà di recesso, inquilino il quale resterà ovviamente obbligato al pagamento del canone fino all’intervenuto recesso. Il contratto rimarrà, invece, efficace nei confronti degli altri conduttori che non hanno receduto. Costoro saranno obbligati in solido al pagamento dell’intero canone: il proprietario potrà pertanto richiedere l’intero canone e le spese accessorie ad uno qualunque dei conduttori rimasti.

Che cosa s’intende per decoro architettonico condominiale? Il decoro architettonico è rappresentato dall’estetica complessiva data dall’insieme delle linee e strutture ornamentali dell’edificio (cfr. Cass., sez. II, 25 gennaio 2010, n. 1286). Il decoro architettonico «può ritenersi pregiudicato non da qualsiasi innovazione, ma soltanto da quella idonea ad interromperne la linea armonica delle strutture che conferiscono al fabbricato una propria identità (Cass. n. 14455 del 2009; Cass. n. 2755 del 2005)» (Cass., sent. 22 novembre 2011, n. 24645). La Corte di Cassazione in merito ha anche ritenuto che «il pregiudizio economico è una conseguenza normalmente insita nella menomazione del decoro architettonico il quale, costituendo una qualità del fabbricato, è tutelata – in quanto di per sé meritevole di salvaguardia – dalle norme che ne vietano l’alterazione (Cass., 31 marzo 2006, n. 7625; Cass., 15 aprile 2002, n. 5417)» (Cass., sent. 23 maggio 2012, n. 8174).

Condominio e rumori molesti – Rimedi Il problema delle immissioni sonore che recano disturbo al tranquillo abitare è questione seria e della massima importanza. Non a caso costituisce una delle maggiori cause di conflitto in ambito condominiale. La norma del codice civile che si occupa della materia è l’art. 844, secondo cui il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni ove queste non superino il limite della normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi. In proposito la Cassazione ha precisato che tale disposizione “è applicabile anche negli edifici in condominio” (sent. n. 3090 del 15.3.’93) e che detto limite “non è mai assoluto, ma relativo alla situazione ambientale, variabile da luogo a luogo, secondo le caratteristiche della zona e le abitudini degli abitanti, e non può prescindere dalla rumorosità di fondo, ossia dalla fascia rumorosa costante, sulla quale vengono ad innestarsi i rumori denunciati come immissioni abnormi” (sent. n. 5157 del 27.7.’83). Più di recente la Cassazione, tornando sul tema, ha anche chiarito, per un verso, che, quand’anche le immissioni sonore non superino i limiti fissati dalle norme di interesse generale di cui alla l. 26.1.’95, n. 477, sull’inquinamento acustico, il giudizio in ordine alla loro tollerabilità va “compiuto secondo il prudente apprezzamento del giudice”, tenuto conto delle particolarità della situazione concreta (sent. n. 1151 del 27.1.’03). Per altro verso, che, comunque, “non è errato misurare la soglia di accettabilità facendo leva” sulla predetta normativa speciale. A parere dei giudici, infatti, “se l’immissione acustica è tale da pregiudicare la quiete pubblica, a maggior ragione essa, ove si risolva in una emissione sonora nell’ambito della proprietà del vicino – ancor più esposto degli altri, in ragione della contiguità dei fondi, al suo effetto dannoso – deve, per ciò solo, considerarsi intollerabile, ex art. 844 cod. civ. e, pertanto, illecita anche sotto il profilo civilistico” (ord. n. 32943 del 20.12.’18). Interessante in tema di rumori molesti è anche la precisazione, operata sempre dalla Suprema Corte, secondo cui, laddove un regolamento condominiale di origine contrattuale contenga determinate disposizioni a tutela della tranquillità di chi vive nello stabile, è a queste disposizioni, e non all’art. 844 cod. civ., cui necessariamente occorre far riferimento per accertare se l’attività posta in essere da uno dei condòmini costituisca o meno immissione vietata (sent. n. 4963 del 4.4.’01). Si tratta di un quadro, questo appena descritto, che deve ritenersi confermato, d’altra parte, anche a seguito della recente modifica recata, dalla legge di bilancio per il 2019 (l. n. 145/’18), all’art. 6-ter, d.l. n. 208 del 30.12.’08 (come convertito in legge), in tema di normale tollerabilità delle immissioni acustiche. Il fatto che la previsione originaria composta da un unico comma (secondo cui “nell’accertare la normale tollerabilità delle immissioni e delle emissioni acustiche, ai sensi dell’articolo 844 del codice civile, sono fatte salve in ogni caso le disposizioni di legge e di regolamento vigenti che disciplinano specifiche sorgenti e la priorità di un determinato uso”) sia stata integrata da un ulteriore comma (in base al quale “ai fini dell’attuazione del comma 1, si applicano i criteri di accettabilità del livello di rumore di cui alla legge 26 ottobre 1995, n. 447, e alle relative norme di attuazione”) che esplicita la normativa speciale cui far riferimento nel misurare la tollerabilità del livello del rumore, non muta, infatti, i termini della questione. Anzi, in linea con l’orientamento della giurisprudenza precedentemente riferito, chiarisce, semplicemente, che, nell’accertare la normale tollerabilità delle immissioni acustiche, occorre aver presente i limiti fissati dalla normativa pubblicistica di cui alla predetta l. n. 477/’95, con la conseguenza che, ove questi limiti vengano superati, ciò è già di per sé sufficiente a ritenere l’immissione molesta. Quanto ai rimedi che l’ordinamento giuridico offre contro le immissioni sonore, essi sono diversi e di diversa natura. Chi vede pregiudicata la propria tranquillità, infatti, può proporre l’azione di cui al predetto art. 844 cod. civ., volta ad ottenere l’eliminazione delle cause dei rumori (azione che la giurisprudenza fa rientrare nell’ambito delle azioni negatorie: cfr. Cass. sent. n. 1469 del 8.3.1982) e, in più, agire – ai sensi dell’art. 2043 cod. civ. – per il ristoro del pregiudizio subìto (Cass. sent. n. 7420 del 2.6.’00). Può, inoltre, denunciare il fatto – ove, in particolare, si tratti di immissioni sonore provenienti da esercizi commerciali (è il caso, ad esempio, del pub aperto fino a tarda notte) – all’amministrazione comunale che, accertata tramite l’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente la violazione delle norme sull’inquinamento acustico, potrà ordinare di porre in essere tutti gli accorgimenti necessari perché la causa del disturbo cessi (tornando all’esempio del pub: potrebbe trattarsi di ridurre l’orario di apertura dell’esercizio o interrompere determinate attività oltre una certa ora, come la somministrazione di bevande o l’intrattenimento musicale). C’è, poi, sempre da tener presente che il codice penale (art. 659, primo comma) punisce chiunque disturbi le occupazioni o il riposo delle persone. Reato, questo, nel quale incorre – secondo la giurisprudenza penale – il gestore di un esercizio commerciale per i continui schiamazzi e rumori provocati dai suoi clienti (Cass. sent. n. 16686 dell’8.4.’03 e Cass. sent. n. 7980 del 24.8.’93).
Detrazioni fiscali per colonnine elettriche, importanti avvertenze Rientra tra le misure incentivanti previste dalla legge di bilancio 2019 l’introduzione di una nuova detrazione fiscale, ai fini delle imposte sui redditi, per l’acquisto e la posa in opera di infrastrutture di ricarica per i veicoli alimentati a energia elettrica (art.1, comma 1039, l. n.145/’18). Ai contribuenti è riconosciuta una detrazione dall’imposta lorda, fino a concorrenza del suo ammontare, per le spese documentate sostenute dall’1.3.’19 al 31.12.’21, relative all’acquisto e alla posa in opera di infrastrutture di ricarica dei veicoli alimentati ad energia elettrica, ivi inclusi i costi iniziali per la richiesta di potenza addizionale fino ad un massimo di 7 kW. L’Agenzia delle entrate con la risoluzione n. 32/E del 28.2.’19 – considerato che la disposizione in commento non pone alcun vincolo di natura soggettiva (visto il generico richiamo ai “contribuenti”) – specifica che l’ambito applicativo della norma deve intendersi in senso ampio poiché la stessa vuole favorire la diffusione di punti di ricarica di potenza standard non accessibili al pubblico come definiti nell’art. 2, comma 1, lettere d) e h), d.lgs. n. 257/’16. Pertanto, evidenziano le Entrate, possono beneficiare della detrazione i soggetti passivi dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (Irpef) e dell’imposta sul reddito delle società (Ires) che sostengono le spese per gli interventi agevolabili, se le spese siano rimaste a loro carico, e possiedono o detengono l’immobile o l’area in base ad un titolo idoneo. Nella specie, la detrazione di cui trattasi: spetta nella misura del 50% delle spese sostenute; è calcolata su un ammontare complessivo non superiore a 3.000 euro; è da ripartire tra gli aventi diritto in 10 quote annuali di pari importo. Per quanto concerne le infrastrutture di ricarica in argomento, deve trattarsi di infrastrutture dotate di uno o più punti di ricarica di potenza standard non accessibili al pubblico. La detrazione si applica anche alle spese documentate rimaste a carico del contribuente per l’acquisto e la posa in opera di infrastrutture di ricarica anzidette sulle parti comuni degli edifici condominiali di cui agli artt. 1117 e 1117-bis del codice civile. Infine, per la disciplina applicativa di tali disposizioni incentivanti, si attende ancora un decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e con il Ministro dell’economia e delle finanze. Si ricorda (cfr. Cn feb. ‘19) che è in atto una convenzione con GM Energia che prevede per gli associati Confedilizia appositi sconti, tra i quali quello per l’acquisto di colonnine elettriche (-15%). Maggiori dettagli all’indirizzo https://www.confedilizia.it/convenzione-confedilizia-gm-energia/

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