Fabbricati collabenti esenti da Imu

Con la risoluzione n. 4/DF del 16.11.2023, il Dipartimento finanze del Ministero dell’economia e delle finanze ha risposto ad alcuni quesiti in materia di Imu. In particolare, ha esaminato il trattamento Imu dei fabbricati collabenti (fabbricati iscritti in catasto in categoria F/2 e privi di rendita, trattandosi di immobili diroccati, ruderi, ovvero di beni immobili caratterizzati da notevole livello di degrado). Secondo il quesito arrivato al Dipartimento, taluni Comuni ritengono che i predetti fabbricati possano essere annoverati ai fini dell’Imu tra le aree fabbricabili, con la conseguenza che pur non essendo tassabili come fabbricati, perché privi di rendita catastale, lo sarebbero quali aree fabbricabili. La risoluzione in esame ha respinto tale interpretazione sulla base delle seguenti considerazioni. In primo luogo è stato evidenziato che i fabbricati collabenti sono e restano beni immobili presenti nell’archivio del Catasto edilizio urbano (o Catasto dei fabbricati), seppur privi di rendita. In particolare, sono classificati nella categoria catastale F/2, ed il notevole livello di degrado ne determina l’assenza di autonomia funzionale e l’incapacità reddituale temporalmente rilevante. La principale ragione dell’iscrizione negli archivi catastali di questa specifica categoria, priva di rendita – precisa la risoluzione – è connessa alle ragioni civilistiche dell’esatta individuazione dei cespiti (e dell’intestatario) al momento di un trasferimento di diritti reali anche per oggetti immobiliari che non producono reddito, individuazione che non può prescindere da quanto risulta al Catasto. Sulla base della formulazione dell’art. 1, comma 741, lett. a) della l. n. 160 del 2019 il quale stabilisce che “a) per fabbricato si intende l’unità immobiliare iscritta o che deve essere iscritta nel Catasto edilizio urbano con attribuzione di rendita catastale, (…)”, la risoluzione perviene alle seguenti conclusioni: 1. i fabbricati collabenti sono a tutti gli effetti “fabbricati” e la circostanza che siano “privi di rendita” li porta ad essere esclusi dal novero dei fabbricati imponibili ai fini Imu, che sono esclusivamente quelli “con attribuzione di rendita”, indice, quest’ultimo, sintomatico di capacità contributiva del bene soggetto a tassazione, in ossequio all’art. 53 della Costituzione; 2. i fabbricati collabenti sono e restano “fabbricati”, motivo per il quale non possono essere qualificati diversamente, come vorrebbero invece i Comuni che li definirebbero “terreni edificabili”. A conforto della propria tesi, il Ministero ha richiamato precedente giurisprudenza sia ai fini Ici che Imu (a dimostrazione che da tempo taluni Comuni insistono sulla tesi sopra respinta) nella quale si afferma che “è pacifico che il fabbricato collabente, oltre a non essere tassabile ai fini dell’I.M.U. come fabbricato, in quanto privo di rendita, non lo è neppure come area edificabile, salvo che l’eventuale demolizione restituisca autonomia all’area fabbricabile che, solo da quel momento, è soggetta a imposizione come tale, fino al subentro della imposta sul fabbricato ricostruito” (Cass. ord. n. 28581 del 15.12.2020, che richiama Cass. ord. n. 8620 del 28.3.2019, in tema di Ici).

XIV Giornata nazionale Adsi

La prossima XIV Giornata Nazionale dell’Associazione dimore storiche italiane si terrà domenica 26 maggio 2024. Castelli, rocche, ville, parchi, giardini lungo tutta la penisola apriranno gratuitamente le loro porte per accogliere tutti coloro che vorranno immergersi in luoghi unici della storia e del patrimonio artistico e culturale italiano. La Giornata Nazionale Adsi rappresenta un’importante occasione per riscoprire le bellezze del nostro Paese facendo visita a quei complessi monumentali che insieme costituiscono il più grande museo diffuso d’Italia. La loro riscoperta è determinante per far luce su un patrimonio troppo spesso ignorato, che non solo rappresenta la migliore storia e tradizione italiana, ma che – prima della pandemia – riusciva ad accogliere 45 milioni di visitatori l’anno.

Basculante garage rotto: chi paga? 

Secondo i princìpi generali codicistici vigenti in materia – e più volte in questa stessa rubrica richiamati – le spese di riparazione del portone basculante (se trattasi di piccola manutenzione) sono a carico del conduttore, mentre le spese della sua eventuale sostituzione fanno carico al proprietario essendo obbligo del locatore mantenere la cosa locata in stato da servire all’uso convenuto; stato che non sarebbe più tale in ipotesi d’impossibilità di riparazione.

Rifacimento di facciata condominiale con bonus al 90% e ditta inadempiente 

In caso di rifacimento di una facciata condominiale con ricorso al bonus 90% e sconto in fattura, l’impresa affidataria, ove senza giustificati motivi, ometta di dar corso alle opere concordate, è tenuta a restituire al condominio la somma ricevuta, “pari al 10% del valore dell’importo dei lavori”, oltreché al rimborso degli oneri tecnici relativi all’asseverazione di congruità delle spese, alla stesura del computo metrico e al visto di conformità. È quanto statuito da una recente sentenza del Tribunale di Torino (la n. 3756 del 2.10.2023) che, nell’esprimere il suddetto principio, ha riconosciuto la legittimità, da parte del condominio coinvolto nella vicenda, ad esercitare il diritto di recesso contrattualmente previsto e a richiedere il rimborso delle somme fino a quel momento versate. Si noti, tuttavia, che nessun riferimento contiene la pronuncia in questione relativamente al rimborso dell’importo dei lavori corrisposto all’impresa – con il sistema dello sconto in fattura – nella misura del 90%. Ricordiamo, infatti, che, in caso di lavori edilizi non completati, il contribuente risponde della detrazione fruita indebitamente, maggiorata di interessi e sanzioni. Nel caso di specie, evidentemente, i crediti originati da tale sistema erano rientrati nella disponibilità del condominio-committente. Diversamente, infatti, nell’incardinare il giudizio si sarebbe necessariamente dovuto evidenziare anche tale problema. Quanto sopra senza considerare, peraltro, che, in una pronuncia del Tribunale di Frosinone di poco successiva (sent. n. 1080 del 2.11.2023), in cui l’inadempimento ineriva lavori edilizi oggetto di superbonus 110% con sconto in fattura, il giudice ha condannato l’impresa anche a risarcire il committente per il danno pari alla “percentuale minima del beneficio fiscale andata perduta a causa del verificarsi dell’inadempienza”. Aspetto, anche questo, non valutato affatto nella decisione del Tribunale piemontese.