La proprietà immobiliare pesa meno nel patrimonio degli italiani. Non potrà più essere spremuta come un tempo
Per decenni è stato un classico della politica economica italiana, in occasione di qualche crisi, di un’emergenza, per fare cassa e sanare i conti pubblici a essere colpita per prima era la casa attraverso un inasprimento della pressione fiscale. Basti pensare alle stangate del 1992 e del 2011. Dopo la seconda delle due il prelievo complessivo è decollato in un solo anno da 37,9 a 48,3 miliardi, principalmente a causa dell’incremento da 9,2 a 23,8 miliardi di quello dovuto al pagamento dell’Imu.
Oggi però, anche a causa di questi salassi imposti ai proprietari, il peso del patrimonio immobiliare su quello complessivo delle famiglie è minore: la casa non è più l’unico asset nei portafogli degli italiani che sono sempre più diversificati. Sarà sempre più difficile (si spera) utilizzarla come un limone da spremere per ovviare alle inefficienze del settore pubblico e ai buchi nei conti che esse provocano. Non è un allarme ingiustificato: recentemente l’idea di una nuova (oltre all’Imu) patrimoniale sulla casa è tornata a tenere banco nella discussione pubblica. Ma guardiamo i numeri di Banca d’Italia.
Il patrimonio immobiliare vale 5.572 miliardi Nel secondo trimestre 2023 il patrimonio immobiliare italiano vale 5.572 miliardi, una cifra non molto distante da quelle dell’inizio dello scorso decennio, prima che gli effetti della stangata del 2011 si dispiegassero sui prezzi degli immobili. A metà di quell’anno, prima che iniziasse la discesa del loro valore, le case e le altre proprietà immobiliari del nostro Paese ammontavano a 5.494 miliardi, solo l’1,42% in meno di adesso.
Peccato che nel frattempo il costo della vita sia lievitato del 20%. Nello stesso lasso di tempo, tra il 2012 e il 2023, tutta la ricchezza netta (quindi sottraendo i debiti) degli italiani è aumentata da 9.007 a 10.288 miliardi di euro, +14,2%. Di conseguenza la proporzione di patrimonio che consiste in immobili è passata dal 61% al 54,2% del totale. I dati di questo calo di importanza del mattone sarebbero potuti essere ancora più netti se non vi fosse stata la ripresa del mercato dell’edilizia iniziata nel 2021 e che però è oggi di fatto terminata.
Se guardiamo ai numeri di Banca d’Italia per nucleo familiare il cambiamento avvenuto appare ancora più chiaro. Rispetto a metà 2012 il patrimonio immobiliare per famiglia è addirittura sceso, da 227mila a 220mila euro, anche perché nel frattempo le famiglie sono diventate numericamente di più. La ricchezza totale, però, è aumentata da 373 mila a 406 mila euro, sempre per famiglia.
Clausola penale nel contratto di locazione
Con la sentenza n. 3014, depositata l’1.2.2024, la sezione tributaria della Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sulla non tassabilità autonoma della clausola penale inserita in un contratto di locazione (cfr. da ultimo Cn feb. ‘24) ribadendo il seguente principio di diritto: “Ai fini di cui all’art. 21 d.P.r. 131/86 la clausola penale (nella specie inserita in un contratto di locazione) non è soggetta a distinta imposta di registro in quanto sottoposta alla regola dell’imposizione della disposizione più onerosa prevista dal secondo comma della norma citata”. E cioè la norma che prevede che: “se le disposizioni contenute nell’atto derivano necessariamente, per loro intrinseca natura, le une dalle altre, l’imposta si applica come se l’atto contenesse la sola disposizione che dà luogo alla imposizione più onerosa”.
La Suprema Corte ha anche ricordato come da tempo sia stato chiarito sempre dalla Cassazione che la clausola penale – “pur nella complessità delle forme del suo manifestarsi” – svolge una funzione non tanto sanzionatorio punitiva quanto di risarcimento forfettario del danno, indirettamente intesa a rinsaldare il vincolo contrattuale e a stabilire preventivamente la prestazione cui è tenuto uno dei contraenti qualora si renda inadempiente, con l’effetto di limitare a tale prestazione il risarcimento, indipendentemente dalla prova dell’esistenza e dell’entità del pregiudizio effettivamente sofferto” (da ultimo Cass. 26.7.2021, n. 21398 e Cass. del 20.1.2023, n. 11548). La clausola penale ha allora lo scopo di sostenere l’esatto, reciproco, tempestivo adempimento delle obbligazioni principali, non avendo una sua causa propria e distinta. E non potendo sopravvivere autonomamente rispetto al contratto rispetto al quale ha funzione ancillare. Coloro che stessero continuando a ricevere avvisi di liquidazione di imposta autonoma da parte dei locali Uffici dell’Agenzia delle entrate, sono invitati a rivolgersi all’Associazione territoriale della Confedilizia presso cui sono iscritti per poter avere maggiori informazioni al riguardo.
Sostituzione stecche tapparella: a chi spetta?
La sostituzione delle stecche rotte dell’avvolgibile di una tapparella costituente chiusura esterna di una finestra o balcone dell’immobile locato non rientra, di regola, tra le spese di piccola riparazione che ai sensi dell’art. 1609 c.c. sono a carico del conduttore, giacché nel processo di deterioramento di detta parte dell’impianto di chiusura – al contrario di quanto si verifica per altre parti, come per esempio la cinghia – normalmente hanno rilievo preponderante non l’uso, bensì altri fattori, ed in particolare gli agenti atmosferici (cioè il caso fortuito) e la qualità del materiale.
Il condominio è legittimato ad usucapire un bene?
Secondo il Tribunale Roma (sez. V, 17/01/2022, n. 588) il condominio è a tutt’oggi un mero ente di gestione mentre la titolarità dei beni, sia quelli in proprietà individuale che quelli in proprietà comune, spetta ai soli condòmini: ne deriva che una azione quale quella di usucapione, che mira ad accrescere l’entità dei beni comuni, non può mai essere esercitata dal condominio, ma solo dai singoli condòmini, potendo solo questi ultimi divenire titolari pro-quota del bene usucapendo.
Il rigurgito della fogna condominiale legittima il conduttore a non pagare gli oneri o il canone?
Il rigurgito della fogna condominiale che causa danni al conduttore di un’unità immobiliare ubicata in condominio, non legittima quest’ultimo a non pagare i canoni o ad agire direttamente contro il proprietario dell’immobile. La fattispecie illecita che ha provocato il danno, infatti, realizza un’ipotesi di molestia di fatto ex art. 1585 c.c. che comporta l’azione diretta contro la compagine titolare dell’impianto (cfr. in punto anche Cassazione civile sez. III, 18/10/2012, n. 17892).