Benefici prima casa in costruzione

Nel provvedimento n. 27528/2023, la Corte di Cassazione ha stabilito che, in caso di immobile in fase di costruzione acquistato usufruendo dei benefici per la “prima casa”, il periodo di tre anni a disposizione dell’Agenzia delle entrate per verificare la presenza dei requisiti necessari per i benefici inizia a decorrere dalla data di accatastamento. Questo perché è in tale fase che l’Agenzia ha la possibilità di esaminare le specifiche dell’immobile che consentono l’accesso al beneficio.

È importante ricordare che l’applicazione dell’agevolazione “prima casa” agli immobili in fase di costruzione è riconosciuta dalla legge per gli atti soggetti a Iva, come indicato al n. 21 della Tabella A, Parte II, allegata al d.p.r. n. 633/’72. Per gli atti soggetti a imposta di registro, nonostante non ci sia una disposizione normativa esplicita, il beneficio è riconosciuto sia dalla prassi (circolare dell’Agenzia delle entrate n. 2/2014, § 1.3) che dalla giurisprudenza (Cass. n. 32121/2018, n. 10011/2009 e n. 18300/2004). Il beneficio “prima casa” può essere applicato a un immobile in costruzione a patto che, quando finito, rientri nelle categorie catastali che permettono l’accesso al beneficio (sono escluse le case classificate catastalmente come A/1, A/8 o A/9, cd. “di lusso”).

Proprio per questo motivo, l’Agenzia delle entrate (cfr. la circolare n. 38/2005 e la risposta a interpello n. 39/2021) ha deciso che, nel caso dell’acquisto di un immobile in costruzione, i lavori devono essere terminati entro tre anni dalla registrazione del contratto di acquisto, altrimenti si rischia la perdita del beneficio. Secondo questa interpretazione, l’Agenzia riteneva che il termine di tre anni per la verifica della perdita del beneficio iniziasse a decorrere solo dalla scadenza del termine triennale per completare l’immobile. In sostanza, l’Agenzia riteneva di avere a disposizione sei anni (3 + 3) dalla registrazione dell’acquisto per verificare la natura “di lusso” dell’immobile e quindi revocare il beneficio prima casa. Tuttavia, la Corte di Cassazione non ha convenuto con questa interpretazione.

Secondo una consolidata interpretazione giuridica (Cass. nn. 5180/2022 e 10011/2009), in mancanza di un limite temporale stabilito per soddisfare una condizione necessaria per accedere a un beneficio, tale termine non può eccedere quello concesso all’Amministrazione finanziaria per verificare l’ammissibilità del beneficio stesso (che, per quanto riguarda l’imposta di registro, è di 3 anni come previsto dall’art. 76, comma 2, del d.p.r. n. 131/86). Riguardo all’inizio di questo periodo, considerato che il caso in questione riguarda la classificazione catastale (in A/1, A/8 o A/9) di un immobile in costruzione, il dies a quo deve essere identificato nel momento in cui l’immobile è stato completato, permettendo così all’Amministrazione finanziaria di verificare la vera natura dell’edificio (Cass. n. 32121/2018).

Infatti, secondo l’art. 2964 e seguenti c.c., il termine di decadenza stabilito dalla legge può iniziare solo “… dal momento in cui è possibile eseguire o mantenere l’atto o il comportamento verificativo”. Pertanto, nel caso specifico, il periodo triennale per la verifica ha iniziato a decorrere dalla data di accatastamento. Come sottolineato dalla Corte, nel caso a essa sottoposto, l’accatastamento elimina la necessità di ricorrere alla “fictio iuris” introdotta dall’Agenzia delle entrate, che avvia il periodo di verifica dal termine triennale per la costruzione; l’accatastamento fornisce una presunzione di completamento dell’immobile che consente certamente la verifica delle condizioni legali e innescando il periodo triennale di verifica. Quindi, il periodo di 3+3 per la verifica della perdita dei benefici per le case “in costruzione” potrebbe essere applicato, al massimo, in assenza di accatastamento nel frattempo, ma non è applicabile nel caso specifico.

Si può utilizzare la terrazza condominiale come stenditoio? 

In assenza di divieto normato in un regolamento di natura contrattuale non è generalmente possibile vietare l’utilizzo della terrazza condominiale come stenditoio. 

Il Codice civile cosa prevede sul posizionamento dei cassonetti dei rifiuti? 

Il Codice civile non ha una prescrizione di legge specifica. Secondo un’applicazione estensiva del disposto dell’art. 889 del Codice civile (norma che prevede che chi vuole aprire pozzi, cisterne, fosse di latrina o di concime presso il confine, anche se su questo si trova un muro divisorio, deve osservare la distanza di almeno due metri tra il confine medesimo ed il punto più vicino del perimetro interno delle opere predette) i cassonetti dei rifiuti dovrebbero comunque essere collocati ad almeno due metri dal confine con la proprietà individuale. Inoltre, l’art. 844 sempre del Codice civile stabilisce che “Il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi”.

Locazione ad universitario: è reato per il padre separato non pagare il canone? 

In caso di separazione coniugi, se tra le spese straordinarie per il mantenimento dei figli rientrano anche le spese relative all’università ed all’eventuale canone di locazione dell’immobile, può integrare la fattispecie di reato di cui all’art. 570 c.p. (violazione obblighi assistenza familiare) il mancato versamento da parte del genitore non affidatario del 50% di quanto dovuto a titolo delle predette spese relative alla vita da fuorisede del figlio universitario (in questo senso Tribunale Campobasso, 08/03/2021, n. 109).

Installazione per abbattere le barriere architettoniche in appartamento locato: quali limiti per il conduttore? 

Il conduttore può a proprie spese dare corso a modifiche anche rilevanti all’appartamento locato qualora siano necessarie per l’eliminazione delle barriere architettoniche. Ciò è legittimo anche senza il consenso del locatore, purché, alla conclusione del contratto, il conduttore restituisca ex art. 1590 del Codice civile l’appartamento nello stato medesimo in cui l’ha ricevuto, eventualmente rimuovendo eventuali aggiunte senza che questo provochi pregiudizio all’immobile o comunque ripristinando. Nella fattispecie in cui il conduttore si limiti ad apportare dei “miglioramenti”, può invece richiederne il consenso al locatore ed in ipotesi questo venga accordato, il proprietario, al termine della locazione, dovrà corrispondere all’inquilino un’indennità pari alla minor somma tra l’importo della spesa ed il valore del risultato utile al tempo della riconsegna medesima (art. 1.592 cc.- da Confedilizia Notizie).